La leggenda del Nebbiolo
La leggenda racconta di un monaco appassionato per la sua piccola vigna alla quale dedicava il suo tempo e attenzioni. Una mattina sconcertato trovò la sua vigna avvolta dalla nebbia, pensò che fosse un ammonimento del Signore e decise di dedicare più tempo alla preghiera. Arrivato il tempo di vendemmiare notò che la nebbia si diradò e si posò sui grappoli che colpiti dai raggi del sole luccicavano al sole.
Questo sarebbe il motivo che per il quale il vitigno viene chiamato ancora oggi Nebbiolo, un vitigno importante e protagonista di prestigiosi vini. In antichi scritti era già localizzato da Plinio il Vecchio nella zona di Novara. Giovanni Battista Croce lo descrive sulle colline Torinesi collegando il nome Nebbiolo all’aggettivo nobile. Non fu subito fu capito il valore del Nebbiolo, in quanto veniva vinificato nella versione dolce.
Fu Giulia Colbert Falletti, marchesa di Barolo che nel ‘700 contribuì ad incrementare la produzione di Nebbiolo e a esaltarne le doti per farne un vino secco su indicazioni del Conte Oudart. Il conte era uno stimato enologo, e fu chiamato in Piemonte da Camillo Benso Conte di Cavour per creare un vino simile ad un bordeaux francese. Il successo fu garantito fin da subito perché il vino si prestava all’invecchiamento e anche all’esportazione dando vita a vini prestigiosi come il Barbaresco e Barolo.